Arriviamo ad Uyuni dopo tre giorni di viaggio attraverso deserti, lagune, fenicotteri e tante jeep.
Avvicinandosi alla cittá si vedono vie polverose circondate da case in mattone rosso, quello bucato, non quello pieno fighetto, che danno un senso di non finito e di abbandono.
Veniamo sbarcati dal nostro taciturno autista nel mezzo della cittá, nel mezzo del mercato, nel mezzo di una strada. Per fortuna la fine del tour prevede un passaggio nell’agenzia, dove possiamo lasciare i nostri zaini per un po’ e farfe un giro per la cittá.
Salutiamo i due francesi e il cileno che torneranno in serata verso San Pedro e ci avventuriamo con Tracy, la sud africana nelle vie del mercato, con gli obiettivi di recuperare (cambiare) un po’ di soldi e di capire come andarsene da quesat cittá in autobus.
I primi incontri con le donne locali sono di stupore reciproco. Le donne sono vestite con gli abiti tradizionali che consistono di un gonnellone lungo, un gilet o una coperta sulle spalle, dei capelli lunghissimi intrecciati fino all’altezza del sedere con al termine delle treccie dei pesi per aiutare a mantenere al loro posto i capelli cosí acconciati. Per terminare il vestito tradizionale in testa portano una bombetta di diametro piú piccolo della testa, che peró sta ferma e fissata alla testa come per magia.
Il mercato é popolato prevalentemente da donne, che gestiscono la mercanzia appoggiata su teli colorati, in sacchi, ceste o semplicemente appoggiata per terra. Attorno alle bancarelle, nelle case, é pieno di posti che cucinano pollo arrosto e offrono cose da mangiare. L’altezza dei cileni é difficile da definire altezza e io mi sento un gigante che vaga per le vie. Le coperture dei banchi sono giustegiuste all’altezza dei miei occhi e devo fare attenzione ad ogni passo a non rimanere cieco per uno spuntone di ferro o un telo teso.
I colori sono molto accesi, contrastanti. Il mercato e le persone hanno un aspetto molto rurale, sembrano sbarcate in cittá dai campi, per l’occasione del mercato e nessuno, nemmeno dei piú giovani veste in abiti che somigliano a quelli occidentali. Ci troviamo cosí in un nuovo mondo che dobbiamo imparare a capire, in cui dobbiamo imparare a muoverci e a relazionarci.
Troviamo i biglietti per i bus notturni e ci infiliamo in un bar che promette WiFi, risorsa rara e totalmente assente nei giorni precedenti.
La sera ci mettiamo ad aspettare il bus, unici stranieri, all’interno dell’ufficio della compagnia, dove giá dal pomeriggio si stanno ammassando pacchi, pacchetti, borse e bagagli di tutti i passeggeri diretti a Sucre. Siamo guardati ancora una volta con divertimento, come bestie da zoo e veniamo avvicinati dal piú spigliato dei passeggeri che ci offre un tour guidato al nostro arrivo con la sua macchina per la cittá e per la campagna, naturalmente a pagamento. Tutti i locali hanno una coperta sulle spalle e la preoccupazione ci sale per la temperatura che potrá esserci all’interno del bus. Scopriamo solo in seguito che gli autobus sono due, uno dotato di riscaldamento per i turisti ed uno piú spartano, in cui i posti vengono venduti anche per il corridoio (per 7 ore di viaggio di notte), senza nemmeno il riscaldamento.