Arriviamo a Chicago dopo 50 ore di viaggio e ci accolgono i primi fiocchi di neve.
Indolenziti, un po’ rintronati, stanchi e a tratti spaesati scendiamo dal treno dopo due giorni di viaggio e ci avventuriamo per le vie di Chicago. Un vento gelido soffia tra i grattacieli e sposta cristalli congelati di neve che vediamo aumentare di dimensione un minuto dopo l’altro. raggiungiamo la fermata del bus e dopo poco più di mezz’ora siamo a casa del nostro CouchSurfer. Un ragazzo californiano dall’aspetto rilassato e banale, ma che si scopre aver appena terminato la circumnavigazione del globo in bicicletta, partendo dal Portogallo per tornare in California dopo esser passato per l’Australia, in circa due anni e mezzo. Dormiamo per terra in un monolocale poco più grande di quello di Seattle, sulla moquette che ormai consideriamo un giaciglio morbido e confortevole.
Chicago si presenta come una città in mattoni, dal centro pieno di alti grattacieli. Il clima freddissimo non ci ferma da andare in un bar a vedere una partita del Bulls, che perdono contro i Warriors. Purtroppo giocano in trasferta e quindi ci perdiamo il fatto di vedere la squadra di basket per eccellenza della nostra infanzia giocare. Anche se essere in un bar di quelli stereotipati dei film a bere birra e guardare dello sport era nell’elenco delle cose da fare e finalmente abbiamo avuto l’occasione per farlo.
Visitiamo il museo d’arte di Chicago entrando grazie alla generosità di un CouchSurfer, che pur non potendo passare del tempo con noi ci fa entrare con il suo abbonamento annuale. Rimaniamo stupiti della quantità di opere europee presenti: moltissimi impressionisti ed intere tematiche quasi sconosciute in europa ma importate qui. Il museo è immenso ed è il posto perfetto per passare una giornata invernale mentre fuori una decina di centimetri di neve congelata si accumulano e si attaccano ad ogni oggetto.
Alle cinque, quando tutto chiude e ci troviamo in mezzo ad una strada veniamo condotti dalla folla verso un punto misterioso, mentre infatti ci incamminiamo verso una fermata della metro ci accorgiamo che tutti intorno a noi stanno camminando nella nostra stessa direzione. Convergiamo ad un incrocio dove chiediamo ad un poliziotto che cosa stia succedendo e lui con fare stupito ci risponde “la parata di Natale”, come se fosse normale avere una sfilata natalizia a metà novembre.
La sera proviamo la famosissima pizza di Chicago, di cui tutti ci parlavano dalla California, dicendoci che è miglior pizza, dopo quella di New York, che si può trovare in America. Verifichiamo con piacere la bontà della pizza, lasciando stupiti i camerieri e il proprietario del locale quando dopo la prima pizza ne chiediamo un altra.. ci vuole impegno per riempire degli italiani, soprattutto con la pizza. Fondamentalmente si tratta di pizza al padellino, come quella che si trova a Torino, ma in padellini più grandi, più simili alla pizza al trancio alta che si trova a Milano. Lo spessore è di qualche centimetro, il sugo è abbondante (a volte pure troppo) ed il formaggio è buono; peccato che poi la gente ci aggiunga su del parmigiano grattugiato, ma va beh, ognuno ha quel che si merita.. Solitamente se ne mangia da una a due fette a testa, ma come quantità è inferiore ad una pizza italiana, forse prendendo una pizza grande e dividendola in due e non in quattro si arriva ad un buon livello di sazietà.