L’autostop funziona ancora bene per lasciare l’Ecuador ed entriamo in Colombia nella cittadina di Ipiales.
La giornata di viaggio è lunga e piena di diversi passaggi: un signore su una macchina in vendita che ci offre della birra e che si scola la sua seconda mentre guida, per fortuna con un passaggio abbastanza corto, una madre con figlio che probabilmente credono che non parliamo spagnolo e quindi quasi non ci rivolge la parola fino ad un certo punto dove ci scarica in mezzo ad un incrocio, al bivio tra due possibili strade per l’Ecuador. Dopo aver capito quale delle due deviazioni prendere ed aver atteso una buona ora sotto il sole delle due (siamo in Ecuador, il sole picchia sempre tanto, ma quelle delle due del pomeriggio picchia ancor di più), veniamo caricati sul retro di un pick up da una famiglia che ne riempie i sedili. Una breve sosta prima del confine in cui ci chiedono se ic fermiamo lì e dopo averci chiesto la nazionalità si offre di portarci dall’altro lato. Dobbiamo fermare il furgone per fare le procedure di immigrazione, mentre loro stavano passando senza problema e senza fermarsi, così dopo aver salutato il bellissimo Ecuador, che ci ha visti per soli 10 giorni, prendiamo l’ultimo passaggio della giornata che ci porta direttamente all’indirizzo datoci dal nostro CouchSurfer.
Alvaro, il signore che ci ospita, ha una scuola di inglese, basata sulla conversazione e avevamo concordato di poter fare del volontariato nella sua scuola durante la nostra permanenza. Contrariamente al concetto di volontariato a cui siamo ben abituati, veniamo considerati come dei dipendenti, stipendiati dal posto letto e dal cibo, cosa che non ci va assolutamente bene perchè non ci permette di vedere nulla della città se non al di fuori delle ore di lezione. Il primo giorno, discutendo con il nostro ospite ma alla fine avendola vinta andiamo a visitare il santuario di Las Lajas al mattino e facciamo lezione al pomeriggio. Non avendo però fatto sufficienti ore di lezione secondo i suoi standard la sera riceviamo, senza che ci si rivolga la parola in casa, una cena che è la metà della cena di un altro CS che invece ha passato la giornata alla scuola. Contemporaneamente a Gaia torna un ascesso ai denti e la faccia le si gonfia come un palloncino, con difficoltà a parlare e molto dolore. Scopriamo così che gli antibiotici in Colombia si possono prendere liberamente dal farmacista e che sono super economici, faremo scorta prima di uscire dal paese dei medicinali per il resto del viaggio.. Il nostro ospite non ci aiuta minimamente con il malessere di Gaia, è infastidito solamente del fatto che così non può partecipare alle lezioni per la sua scuola. [Una discussione su CS, coi moderatori, nelle settimane successive porterà come conseguenza la chiusura del profilo di Alvaro, per non rispettare le linee guida della piattaforma facendo business dall’ospitalità]
Dalle chiacchierate con gli studenti della scuola e con Matthew, l’altro CS che sta arrivando dall’Alaska in bicicletta, apprendiamo di una Colombia in perenne guerra civile, che vive quasi indifferente ai morti e agli attentati che martoriano il paese quotidianamente. Gli attori sono l’esercito, la polizia, che è armata ed attrezzata come l’esercito, i guerriglieri delle FARC, nati inizialmente per combattere le iniquità dello stato centrale, i paramilitari, creati dai ricchi proprietari terrieri per difendersi da tutti gli altri e sopra a tutti, iin mezzo a tutti, con tutti e contro tutti il narcotraffico, che ha un’organizzazione sua ma che finanzia ultimamente anche le FARC. Al Sud la presenza dei guerrigglieri è più sentita e anche camminando per le strade se ne può sentire la presenza o la paura, un episodio su tutti ci ha fatto riflettere (e spaventare): attraversando la strada col verde un taxi si butta tra i pedoni e quasi ci mette sotto, la nostra reazione spontanea è stata quella di urlargli dietro. In mezzo alla gente quasi investita come noi che non ha fiatato o fatto nulla un ragazzo alto e massiccio di colore ci prende da parte per la strada, e parlandoci sottovoce dice di non fare mai più una cosa del genere: non si sa mai se nel taxi c’è un vero tassista o qualcuno della guerriglia o se il taxi trasporta qualcuno della guerriglia e lamentarsi del fatto di essere quasi stati travolti potrebbe portare ad una reazione violenta, anche armata, degli occupanti del taxi o del finto taxi che sia.
Lasciamo Ipiales al pomeriggio per dirigerci a Neiva. Il viaggio consistete in diversi bus perchè le zone da attraversare sono pericolose per delle bande armate che si divertono a derubare quanti di passaggio. Il primo autobus è il più lussuoso finora preso: WiFi e prese della corrente a bordo, doppio bagno per uomini e donne ed aria condizionata. Cambiamo a Popayan alle 6 del mattino, per un bus molto più piccolo dove salendo io metto entrambi gli zaini piccoli nel porta oggetti sopra i sedili ed un paio d’ore dopo mi accorgo che il mio, con dentro la macchina fotografica è sparito! Nessuno dal bus è sceso e ad un posto di blocco della polizia faccio ispezionare tutto e tutti ma del mio zaino nessuna traccia. L’unica spiegazione è che al terminale qualcuno sia stato così rapido e bravo da sottrarmelo da sotto al naso dopo che io l’ho messo nella cappelliera. Nota positiva il fatto che non abbiano rubato lo zaino di Gaia, in cui avevamo i documenti..
Il morale dopo i primi due giorni in Colombia è quindi pessimo: la peggior esperienza di CouchSurfing, il mal di denti e la macchina fotografica regalata a qualche sconosciuto, ma il viaggio continua..