Entriamo in Costa Rica e cerchiamo un posto dove poter dormire che abbia un materasso, con la schiena rotta dopo tre notti di furgone su un pavimento a ondine in plastica da van commerciale.
In Costa Rica vige la doppia moneta, si può pagare in Colon o in Dollari, non avendo cambiato nulla, nè prelevato ed avendo praticamente finito i nostri soldi per la turisticissima sistemazione, spendiamo gli ultimi due dollari rimastici negli ingredienti di una pasta. Il giorno dopo ci mettiamo di buona lena a montare il pavimento nel retro del furgone, dopo aver scoperto che il contatto con una foglia di palma e il tetto ci ha portato mezza colonia di formiche in giro per la nostra casa (alcune trasportando anche un granchietto verso il loro formicaio).
Dopo aver constatato che le spiaggie attorno a Limon sono state erose dall’avanzare dei mari e sono quindi poco praticabilici rimettiamo in viaggio verso il centro del paese, un altro posto chiamato Cartago, dove finalmente troviamo ospitalità da un CouchSurfer. Testiamo qui le capacità di off-road del nostro mezzo All Wheel Drive, con soddisfazione nonostante i 15 anni e la poca manutenzione sulle spalle e visitiamo il monumento precolombiano più grande ed importante del Costa Rica: Guayabo de Turrialba. Dopo Machu Picchu e in attesa delle grandi piramidi ci sembra uno sgabbuzzino ben tenuto di qualche pietre e tumuli di terra appena ricostruiti, ma fa piacere vedere il sistema delle acque e delle pozze di filtraggio ancora in funzione dopo migliaia di anni.
Ci spostiamo dunque nella costa Sud, ad Uvita, dove una costruzione probabilmente artificiale fa sembrare una coda di balena le roccie al largo collegate alla spiaggia, ma solo quando c’è la bassa marea. Scopriamo che i parchi naturali sono una bella fregatura se visitati al pomeriggio, perchè l’alta marea si mangia via quel poco di spiaggia che si potrebbe sfruttare, costringendo a rimanere sotto le palme che popolano il litorale. Percorriamo, in una sorta di spiaggia crawling, la costa Sud in direzione di Puntarenas e da li verso Liberia, dove siamo nuovamente ospitati da un CS, filosofo della Pura Vida, del surf e delle cose pericolose. Con lui entriamo di nascosto in un parco nazionale e ci andiamo a tuffare in gelide pozze scavate da torrenti di montagna.
Il Costa Rica ci è sembrato un paese contraddittorio: ha la fama di paradiso naturale ma molte delle spiagge ormai sono rovinate dall’innalzarsi del livello del mare, é un paese molto caro dal punto di vista economico, con tantissimi stranieri che vi si sono trasferiti negli anni passati, in ogni angolo ci sono costruzioni o terreni in vendita che anno l’impressione di un paese in svendita agli stranieri, acquirenti forti. L’economia gira fondamentalmente sul turismo, che non é di per sé una cosa cattiva, ma limita senza dubbio le possibilitá di visita se il buget é limitato o se si vuole fare qualcosa di alternativo.
Il saluto costarichense é “Pura Vida”. Di una semplicitá e profonditá contrastanti. E’ strano sentirsi augurare Pura Vida dal commesso del supermercato o dalla mamma di un CouchSurfer che ci saluta dopo averci ospitato per due giorni. Per loro é un semplice modo di salutare, a volte, ma anche una filosofia di vita che viene interpretata nel vivere la vita godendosi ogni momento, facendo surf per sentire quell’adrenalina o buttandosi nelle pozze fluviali, come il nostro CS di Liberia, per sentirsi piú vivo ed acclamato. E’ comunque un’idea che ti rimane un po’ attaccata addosso: bisogna vivere la vita al meglio, questa d’altra parte é la cosa migliore che abbiamo.
PS: qui, nella terra di produzione, le banane hanno l’etichetta con il giorno di raccolta.. perché dopo il terzo giorno sono giá da buttare..