Viaggiando per gli Stati Uniti é impossibile mancare la visita a Las Vegas e al Grand Canyon. Dopo aver visitato il canyon piú profondo al mondo (ed esserne usciti vivi) in Perú il bisogno di fare un trekking per scoprire il canyon piú famoso al mondo solletica la curiositá e soprattutto la voglia di mettersi di nuovo in marcia dopo troppo tempo e troppi kilometri alla guida di un van, senza il peso di uno zaino sulle spalle.
Scopriamo nostro malgrado che la stagione di maggior affluenza al grand canyon è l’autunno, quando giustamente il clima in fondo al canyon non è mortalmente caldo. Vi stupirà sapere (o per lo meno ha stupito noi) che la quota di partenza dalla cima del canyon è di 2000 metri. I vari trail che ne raggiungono il fondo scendono di circa mille metri più in basso e quindi qui si vive l’esperienza della montagna al contrario: più si va avanti nel percorso, più fa caldo.
Credo che chiunque abbia in mente un’immagine del Grand Canyon, quindi non vi annoierò in questo post con mille foto, per questo ci sarà una pubblicazione apposta e potrete annoiarvi a furia di vedere diverse tinte di rosso in strisce orizzontali a diversa altezza, corrispondenti a diverse ere geologiche, con vegetazione arrampicata a strappare le rocce dalle pareti, verdi fluorescenti di un’erba viva che pulsa clorofilla e infinite viste di vallate che si protendono come tagli squarciati nella terra.
L’idea originale della visita al Canyon era di scendere giù in basso, accamparci una nottata e poi risalire, purtroppo vista l’alta stagione i campeggi sono prenotati per i prossimi quattro giorni. Grazie ai consigli di un ranger scegliamo di fare un trekking il primo giorno, dormire fuori dal parco per risparmiare, guardare l’alba sul Canyon il giorno dopo e poi buttarci giù e su per un sentiero per un 7 ore, fino a raggiungere un plateau che si affaccia sul Colorado. Sembra facile. Sopravviviamo.
Come raccontavo parlando del primo parco nazionale visitato, anche qui i sentieri sono a dimensione ‘americano’: ci si passa tranquillamente nei due sensi di marcia senza darsi fastidio. I cartelli sono sempre pessimistici e mostrano ragazzi di bell’aspetto e di buona forma fisica con frasi del tipo “ogni anno 300 come lui rischiano la vita scendendo nel canyon perchè non sono in realtà in forma o perchè bevono poca acqua”. Soprattutto per i mesi estivi il problema dell’idratazione è molto sentito, sia perchè i percorsi sono lunghi e tutt’altro che semplici, sia perchè la gente sopravvaluta quello che il caldo può fare. Su alcuni sentieri vi sono punti d’approvvigionamento acqua, mentre altri sono totalmente aridi.
Per le gite libere infine è fortemente consigliato portare le pastiglie per purificare la propria acqua. Altri cartelli ricordano che quando si fa attività fisica all’aperto, soprattutto camminate come quelle offerte dal parco, è opportuno mangiare il doppio della quantità normale, perchè il nostro corpo ha bisogno di più energie. Pensando alla dimensione delle porzioni di cibo che abbiamo visto finora, in quel poco di America che abbiamo attraversato, ci immaginiamo una tavola imbandita come a Natale appena prima di intraprendere un sentiero di montagna.. ed il ricordo torna alle mangiate di polenta concia nei rifugi piemontesi e di conseguenza a quanto e buono e quanto ci manca il Genepì e la Genziana.
Sulla via del ritorno dal nostro trail lungo veniamo fermati da un ranger e da un volontario per un’intervista volta a valutare il nostro stato di idratazione, passiamo il test e riceviamo i complimenti per il tempo di percorrenza mantenuto nella nostra passeggiata di 1000m di dislivello.
Lasciamo il parco del Grand Canyon, dopo aver passato una notte nel parcheggio di un McDonalds (fornitore di bagni riconosciuto internazionalmente) e un’altra notte in un paesino dimenticato sulla vecchia Route 66, ormai tagliato fuori dalla nuova interstate 40, e ci dirigiamo verso Las Vegas. La città delle luci e dei casinò ci vede arrivare stanchi e con poca voglia di fare baldoria o buttare via dei soldi. Ci aggiriamo per le vie centrali osservando la fauna variopinta di persone sveglie dal giorni prima, ubriachi di tutte le razze, persone vestite in modi bislaccchi, pubblicità di strip e luci colorate. Pur non giocando riesco ad uscire da un casinò più ricco di quando vi sono entrato, trovando una ricevuta di vincita di un centesimo abbandonata su una slot machine. Verso sera percorriamo la via dei grandi casinò e poi andiamo a dormire ad una stazione di servizio poco fuori città. Viaggiare a lungo significa anche questo, non sempre è occasione per fare baldoria, molte cose si guardano più con curiosità che con coinvolgimento, soprattutto se sono così lontane dal proprio modo di essere. La Las Vegas più vera che mi sentirei di scoprire è quella delle persone che li ci vivono, che lavorano in un casinò e poi tornano a casa la sera nella loro casa in periferia, dalla loro famiglia, tutto il resto è fumo per turisti.