Partiamo da New Orleans, lenti, a bordo strada e cambiamo marcia al nostro viaggio.
Leghiamo tutti i nostri averi alla bici ed al traino ed essendo solo parzialmente pronti a quello che ci attende partiamo (“se aspetti che tutto sia pronto, non partirai mai” cit. qualcuno di famoso). Impieghiamo oltre un’ora ad uscire da New Orleans e ci addentriamo in strade circondate da paludi e case costruite su palafitte, come scopriremo per evitare di essere allagate da un prossimo possibile uragano. La prima tappa è decisamente dura per il nostro fisico poco allenato. Gaia zompetta sui pedali senza troppa fatica apparente mentre io, con il carrello attaccato dietro fatico ad ogni pedalata. L’unica ruota del traino è inclinata di una trentina di gradi rispetto al centro, obbligandomi a pedalare storto, forzando prevalentemente con il braccio destro sul manubrio per evitare di essere sbalzato al centro della corsia. Il problema è dato dalla sospensione che è fatta da due molle, una per lato, che paiono di diversa lunghezza. Dopo questi primi 75 km sono distrutto, dolorante e a stento riesco a mantenere gli occhi aperti. Ma onoriamo comunque l’ospitalità di un pastore e della sua famiglia che ci permette di montare la tenda vicino alla loro chiesa, offrendoci cena, colazione e soprattutto una doccia calda :)
Ripartiamo di buon ora provando a migliorare la situazione del traino: aggancio la ruota disassata in modo da compensare l’inclinazione della sospensione ed allegeriamo un po’ il carico legando alcune cose alla bici di Gaia. Pare migliorare. Per non farci mancare nulla alla partenza leggera, giusto per allenarci durante il cammino, maciniamo oltre 70km, molti dei quali però costeggiando un fantastico litorale di spiagge bianchissime, arrivando a Biloxi e completando 150km in soli due giorni di viaggio.
Dal terzo giorno sembra andare meglio, sia come forma fisica che come spirito. La partenza è a base di zuccheri in una pasticceria conosciuta dal nostro ospite ma la giornata prosegue con molta umidità ed un po’ di pioggia. Siamo ospitati la sera da una famiglia del network Warm Shower. Trascorriamo la serata con buone ed interessanti conversazioni ed insegnando alla figlia più piccola a contare in spagnolo dal 15 ad oltre il 100.
La prima sosta nel viaggio era prevista dopo i primi due giorni, ma naturalmente avevamo sovrastimato le nostre forze e così viene posticipata al quinto giorno. Arriviamo il giovedì sera sull’isola chiamata Dauphin Island in onore del delfino reale di Francia. Decidiamo di passare due giorni qui, accampati sul balcone di una casa di un WarmShower che lascia acqua, luce ed internet ad uso dei ciclisti di passaggio, anche quando non è in casa.
Visitiamo con calma l’isola, passeggiamo sulla spiaggia, guardiamo il tramonto, per il primo giorno dopo mesi senza nulla da fare se non rilassarci. Una sensazione che non provavamo da tempo.
Il secondo giorno di riposo arrivano alla casa altri due ciclisti che sono partiti dal Canada, British Columbia, un poco più a Nord rispetto a Vancouver ed hanno come destinazione il Sud America. Viaggiano su delle bici reclinate come quelle del nostro amico Matthew che abbiamo incontrato nel Sud della Colombia. Scopriamo che Matthew è stato ospitato da Debbie e Lothar all’inizio del suo viaggio e che è stato ispirazione per il loro come per il nostro viaggio in bicicletta.. Il mondo è proprio piccolo!
Provo a capire cosa non va con il trailer e la risposta è nel prezzo che l’ho pagato e nella scritta, attaccata con un etichetta, che recita Made in China. In pratica la sospensione della ruota è costituita da due pezzi saldati ed una molla, la qualità delle saldature è approssimativa e la lunghezza dei due bracci è diversa di pochi millimetri, una delle due molle risulta incastrata nel suo supporto, ma sganciarla non è sufficiente a risolvere il disequilibrio. Infatti la diversa lunghezza porta comunque ad un’inclinazione finale della ruota di una quindicina di gradi.