Dopo mesi sulle Ande, tra freddo e negli ultimi giorni anche pioggia arriviamo nel caldo caldissimo della città di Neiva.
Siamo ospitati ad una CouchSurfer e dalla sua famiglia alla prima esperienza. Quando si inizia di solito si vuol far bene, con il rischio a volte di esagerare. Ci viene montata una stanza apposta con un letto matrimoniale e durante la nostra permanenza tutti i parenti, cugini, cugine, zii e zie passano da casa per conoscere i due pazzi che sono in giro per le Americhe zaino in spalla e soprattutto che vengono dall’Italia, patria del buon cibo. L’accoglienza ci coglie un po’ di sorpresa ed oltre a sentirci un po’ fenomeni da baraccone ci fa tornare un po’ di nostalgia di casa, del cibo di casa soprattutto. Nelle discussioni sul cibo rimaniamo stupiti della quantità di frutta presente in Colombia che non avevamo mai sentito nominare in Europa e ci domandiamo come mai solo poca di questa sia stata esportata in Europa. Qui per esempio si distingue il platano dal banano, il primo infatto si cucina mentre il secondo si mangia anche crudo ed è la banana che siamo abituati a vedere in Europa. Promettiamo di cucinare per loro una pizza, dopo aver discusso sul fatto che quella che loro chiamano “mozzarella” è totalmente diversa da quella italiana ma è più simile a quella che noi chiamiamo “scamorza”, ci dicono che forse esiste un loro formaggio fresco, avvolto in foglie di banano che dovrebbe corrispondere alla nostra descrizione della vera mozzarella. Le nostre ospiti hanno in casa un forno industriale e quindi prepariamo uan teglia e mezza (da un metro e mezzo) di base per la pizza, con la sorella della nostra ospite che ci segue prendendo appunti e la madre che scuote la testa dicendo che stiamo cucinando troppa roba. Una volta cotta, però, tempo 10 minuti, le teglie sono vuote, nonostante fosse una pizza “semplice” a cui loro non sono abituati, senza nulla sopra se non pomodoro e formaggio.
Un’esperienza interessante che mi tocca a Neiva è andare a fare la denuncia per il furto dello zaino. In un paese dove la temepratura minima d’inverno è di 22 gradi negli uffici pubblici non si può entrare coi pantaloncini corti e sono quindi costretto a farmi mandare con un moto-fattorino un paio di pantaloni lunghi da casa, per non dover andare avanti e indietro e spendere il doppio del tempo e dei soldi. Mi cambio in mezzo alla strada (questo è consentito) ed entro nell’ufficio, dove mi sento dire, dopo aver descritto il furto: “Bevenuto in Colombia”.. Cerco di fulminare l’ufficiale con lo sguardo ma purtroppo non si accartoccia nel suo lardo sfrigolando come speravo e quindi procedo con la deposizione che riporta infine che sono nato in Colombia, con una nota che dice che non è vero, perchè il loro sistema non considera l’Italia nell’elenco dei paesi.
Vicino a Neiva si trova il deserto di Tatacoa, che prende il nome da un serpente velenosissimo, che ormai non vive più nella zona. Ci avventuriamo nel deserto assieme ad un ragazzo di Bogotà conosciuto alla stazione dei bus ed una volta arrivati nel paese di Villa Vieja ci incamminiamo nel buio della notte per una strada asfaltata che porta al deserto. Camminare nel buio è fantastico, si intravede la strada e si immagina cosa ci possa circondare. Ci accampiamo nel nulla vicino ad un osservatorio astronomico e sul retro di un recinto per animali e li passiamo la notte in tenda. Il giorno successivo esploriamo il deserto dalla terra rossastra e dalle vallate scolpite dal passaggio dell’acqua e del vento e ci inoltriamo nel deserto fino ad una piscina di acqua minerale, pompata in superficie ogni mezz’ora. Veniamo risparmiati dal sole durante la nostra passeggiata e le nuvole che ci fanno spravvivere al caldo estremo periodicamente ci spruzzano un po’ d’acqua addosso. Dopo il deserto fiorito (per l’alluvione) nel nord del Chile, il deserto di sale della Bolivia, ci troviamo inun deserto arido ma in cui piove, in Colombia. Torniamo indietro infine su due motorette, in tre con gli zaini, veniamo accomodati su una moto in tre persone con uno zaino piccolo e sull’altra moto in due con gli zaini grossi. Il percorso è sterrato, le sospensioni schiacciate al massimo dal peso, ma arriviamo comunque a destinazione.