Entriamo in Nicaragua pagando ogni singolo passaggio, con l’impressione di essere munti più che accolti, ma il paese si fa perdonare presto per la sua natura e quel che offre da vivere e visitare.
Per entrare in Nicaragua bisogna pagare: la disinfestazione della macchina, l’ingresso alla sala dove si fanno i timbri, la tassa turistica, l’assicurazione, la tassa di circolazione del veicolo. Dopo il Costa Rica pieno di infrastrutture fatte e pensate a dimensione di nordamericano, il Nicaragua ci riporta in un ambiente più simile al Sud America, con tanti venditori per strada, confusione e per fortuna anche prezzi più abbordabili.
Visitiamo per prima cosa Granada, posizionata sul bordo del lago più grande del centro america, è qui che i cinesi stanno pensando di costruire il canale transoceanico bis, che sarà pronto tra almeno 10 anni. Prenotiamo un tour sul lago per visitare parte delle 365 isolette, molte delle quali proprietà di di ricchi che qui hanno la loro villa per le vacanze. Una delle isole è definita “monkey island” perchè un veterinario anni fa vi ha portato delle scimmie che stava curando e non trovando poi altro posto dove traferirle sono rimaste lì, con la gioia dei tour turistici che ora la sfruttano come partcolarità da vendere. Dormendo in una stazione di servizio qui a Granada viviamo l’esperienza piú simile ad una apocalisse zombie: mentre chiacchieriamo tra di noi vicino al van, in attesa di un’ora decente a cui andare a dormire ci si avvicina un uomo, col passo da ubriaco zoppicante, con un avambraccio tagliato a metá e quindi senza la mano, storto sulle spalle, con un occhio mezzo socchiuso e leggermente gobbo. Inizia a girare attorno a noi in cerchi sempre piú stretti, fino a sbattere contro il furgone e boffonchiarci qualcosa, toccare il vetro scuro e le fiancate del van come a tastarne la bontá. Dopo aver cercato di allontanarlo parlandogli, proviamo facendo un po’ di voce grossa ed infine ci chiudiamo dentro al van, temendo per la sua fame di cervello.
Proseguiamo il viaggio per il Nicaragua visitando Masaya e le cittadine dedite all’artigianato nei suoi dintorni, ammiriamo i vulcani che spuntano da ogni angolo del paesaggio e nuotiamo nelle acque della laguna de Apoyo, un lago creatosi all’interno di un vecchio cratere, impressionante per la rapiditá con cui il fondo scende una volta entrati. Da qui ci spostiamo alla capitale, Managua, che si trova a poche ore di macchina. Qui veniamo ospitati da un CouchSurfer che vive in un quartiere residenziale isolato dalla cittá, con guardiani all’ingresso, solo case tutte uguali e nessun negozio. Approfittiamo per effettuare altri lavori su Chevroletto: isolare le pareti.
Compriamo del materiale isolante e dei pannelli di legno. L’isolante é composto da un lato di alluminio e da un lato di bollicine simili a quelle usate per l’imballaggio, il problema é che lo vendono solo in rotoli alti un metro e venti e lunghi dai 20 ai 30 metri. Ci vediamo costretti a comprare un rotolo intero e spendiamo la giornata a montare il tutto, eccetto una leggera pasua pranzo in cui proviamo il quesillo, prelibatezza locale.
Il quesillo é una tortilla di mais ripiena di formaggio simile alla mozzarella e crema di latte, che é la versione locale della panna da cucina. Il modo caratteristico di consumarlo é tra il disgustoso, l’interessante e il gustoso: si avvolge tutto all’interno di un sacchetto di plastica simile a quelli per mettere il cibo in freezer e si procede a mangiare il quesillo fino a che si puó chiudere il sacchetto. A questo punto arriva la parte piú gustosa che permette di mescolare bene la crema con gli altri ingredienti e arriva di pari passo con la parte piú disgustosa: una volta sigillato il sacchetto bisogna strapparne coi denti un angolo e da questa apertura mangiare, attraverso il sacchetto e spremendoselo in bocca il rotolo di tortilla ed il formaggio. Osservando i tavoli attorno al nostro, per capire come approcciare il nostro pranzo notiamo come siano prevalentemente gli uomini a prediligere questa barbara forma di cibarsi, mentre le donne consumano il tutto con coltello e forchetta da un piatto.
A casa del nostro ospite a Managua assistiamo ad un altro costume Nicaraguense (e come scopriremo presto, centroamericano): l’affumicazione con insetticida contro le zanzare e gli insetti. Il nostro concetto europeo di disinfestazione ci porta a pensare che verrá effettuata nei canali e nei posti dove si possa acucmulare l’acqua, ma veniamo smentiti quando vediamo l’addetto, munito di un sistema con motore a benzina che mescola il veleno coi gas di scarico, creando una densissima nuvola di fumo bianco, entrare nelle case e riempire tutto di fumo. Il fumo esce lentamente poi dalle finestre per una buona mezz’ora, ma giá dopo 10 minuti le persone rientrano tranquillamente in casa a respirare e vivere come se nulla fosse. Nei minuti successivi ci si rende poi conto di quanti insetti vivano nelle case: processioni di formiche (grosse come l’unghia di un mignolo e tutte rosse) scappano verso la porta, vaccillanti e muoiono sul percorso, sotto al tappeto o cadendo giú dagli armadietti della cucina. I ragni cadono al suolo e si appallottolona su se stessi, gli scarafaggi, piú resistenti corrono sbattendo in modo confuso dappertutto ed una volta giá piú lontani dalle case si fermano a zampe all’aria morti e i cani (si, non sono insetti) passano un’ora buona a starnutire convulsamente. Siamo talmente scioccati che non facciamo nemmeno una foto.
Abbandonata la capitale, dopo aver scoperto che il presidente ha un accesso privilegiato al lago dove solo lui e la moglie possono passeggiare, andiamo a Leon, nostra ultima tappa nicaraguense. Siamo nuovamente ospitati da un CouchSurfer e veniamo accolti da lui e dalla madre, che ci offono ospitalitá in una casa dall’aspetto di una baracca composta da una grande stanza con due letti matrimoniali, separati da un armadio, con uno stanzino adibito a cucina, un cortile con lavatoio all’aperto su cui si affacciano il bagno, la cui porta é una tenda da doccia ed altre due stanze dove dormono i nostri due ospiti. In una interessante serata di chiacchiere impariamo molte cose sui miti e leggende del paese, su come siano state vissute le ultime due guerre degli ultimi 50 anni da una testimone diretta dei fatti.
Il giorno dopo visitiamo il museo autogestito dai combattenti della rivoluzione, la cui guida é uno dei ragazzi che piú di trentanni fa é sceso per le strade per rivendicare la libertá del suo popolo dagli interessi economici e di potere di una minoranza e degli stati uniti. Ci viene spiegata tutta la storia di Sandino, il liberatore del centro america e fatti piú recenti, fino a farci visitare il tetto del palazzo che si autogestiscono per ammirare tutti i vulcani che si vedono da lí. L’impressione che ci facciamo del posto é un misto tra un centro sociale per veterani ed un museo di importanza storica notevole.
Visitiamo anche il museo dei miti e delle leggende, dove apprendiamo che i nicaraguensi sono dei gran ubriaconi e che la maggior parte degli spauracchi sono relativi a spaventare gli uomini che si danno alle gozzoviglie notturne ed abbandonano le proprie donne. Una delle leggende invece é relativa al carro della morte, che viene trainato da buoi scheletrici, comparendo nelle vie con il suo sferragliare ma scomparendo ad ogni incrocio, per poi ricomparire una volta attraversata la strada.
Conosciamo un’altro spaccato della gioventú nicaraguense in una serata fuori con il nostro CouchSurfer e i suoi amici, in cui degustiamo il ruhm locale, il Flor de Caña, uno dei piú buoni al mondo. Ci troviamo cosí a notte fonda a mangiare dal lurido locale tortillas ripiene di carne, a parlare della vita in questo paese, della voglia di scappare e dei modi per rimanere e dell’importanza a partecipare alla vita politica.