Il 3 mattina prendiamo un bus per Rio Gallegos, Argentina, e da qui iniziamo, senza nemmeno fermarci nella cittá (che secondo la Lonely Planet non ha nulla da offrire a nessun tipo di turista) a far richiesta di passaggio.
Dopo una buona mezz’ora ed un cambio di postazione ci carica una ragazza, che ci porta a 30km dalla cittá, ad un posto di polizia dove veniamo schedati ma da cui dovrebbe essere piú facile trovare passaggi. Infatti nemmeno un’altra mezz’ora di attesa ed una jeep pick-up, con alla guida un contabile di una miniera di oro e argento, ci carica per 200km prima di dover girare ed abbandonare la strada verso Nord. E’ iniziata cosí la nosta avventura nell’avventura, 2600 km di autostop fino a Buenos Aires seguendo la Ruta 3, che unisce la capitale federale ad Ushuaia. Speriamo di aver accumulato abbastanza buon karma coi 18 autostoppisti caricati mentre eravamo noi a guidare (per la cronoaca Omar ha stravinto la sfida carcandone ben 14).
Il secondo giorno di autostop, una domenica, passano 4 infinite ore e mezza, al bordo della strada, giocando coi sassi per ingannare il tempo e guardando una coppia di autostoppisti arrivati dopo di noi essere caricati prima, prima che un camion si fermi per farci buttare gli zaini sul cassone vuoto ed accoglierci nella cabina di guida.
Si tratta di Ezechiel, un ragazzo trentenne abbastanza svalvolato che ci apre al mondo del viaggiare su un camion. 12 marce, velocitá massima 100km/h, tra i 35 e i 45 litri di carburante per 100Km, un serbatoio sufficiente per percorrere circa 1500Km, strade dritte che sembrano non finire mai, solidarietá con un altro camionista fermo per un guasto e guanaco a perdita d’occhio; una bombola di gas nell’abitacolo per preparare l’acqua calda per il mate, cosa nella quale divento abbastanza esperto in brevetempo e palpebre pesanti da combattere, il vero motivo per cui i camionisti si accompagnano con stranieri: farsi tenere svegli.
Gli argomenti di discussione sono vari, ma tornano spesso e volentieri a come sono le donne europee, per andare poi alle imprese di guida in inverno, quando tutto é gelato e alle descrizioni di percorsi e tragitti e all’elenco infinito di posti che avremmo dovuto vedere in Argentina.
Questa prima intera giornata di autostop ci porta da Piedra Buena, paese militare intitolato ad un comandate dell’esercito argentino, a Fitz Roy, non la montagna ma un piccolo villaggio di 8×3 quadre, con ben due benzinai, sulla costa est.
Il terzo giorno di autostop ci vede più fortunati nella prima attesa, solo una mezz’ora prima che il primo camion, piccolo questa volta, si fermi.
Su questo passaggio, grazie al nipote del camionista aspirante geologo, scopriamo un po’ di dettagli sulla morfologia della Patagonia, come ad esempio che molte vallate sono costituite da sabbia erosa da antiche montagne.
Veniamo scaricati nel peggior quartiere di Commodoro Rivadavia, uno di quei posti in cui gli abitanti stessi della città dicono: “entra se vuoi, esci se puoi”. Da qui il nipote ci trasborda in macchina alla stazione di servizio fuori città, dove dopo un veloce pranzo a base di empanadas veniamo caricati nel tempo neanche di togliere gli zaini dalle spalle. Questa volta é Matthias a portarci su di un camion di quelli vecchi, nello stile americano, con il motore davanti alla cabina di guida, a cambio manuale e che fa un rumore sordo e pesante per tutto il tempo del viaggio. Il nostro autista ha 27 anni, tre figlie ed é da quando ha 11 anni che vive sui camion, avendo iniziato a 16 a guidarne uno lui. Ride dei nostri stipendi italiani, dicendo che prende più del doppio, ma poi racconta che viaggia sette giorni su sette e solo ogni tanto riesce a passare qualche ora a casa con la moglie. Per tenersi compagnia parla con altri camionisti via radio ed infatti due enormi antenne spuntano dal muso del nostro mezzo, traformandoci in uno strano insetto blu brucia petrolio.
Grazie a lui arriviamo a Trelew (che si legge treleu) dove aspettiamo per un ulteriore passaggio fino a Puerto Madryn mentre il sole inizia a calare velocemente e a tingere le nuvole, che ci regalano pioggia ed arcobaleni, di rosso.
Quando ormai ci siamo arresi a non poter percorrere gli ultimi 60km in giornata si ferma un furgoncino, guidato da un gladiatore della strada, un uomo che percorre oltre 3000km a settimana per installare e manutenere macchinette per il bancomat ai quattro angoli del paese. E mentre fuori il tramonto da un lato ed il sorgere della luna piena dall’altro ci regalano un viaggio nelle favole, veniamo dapprima portati ad una stazione di servizio e poi fin davanti a casa del couch surfer che ci ospiterà per la nottata.
La nostra esperienza a Puerto Madryn inizia cosi, accompagnati da una figura paterna ed accolti da un neofita di CS che dopo cena ci porta a fare un giro in città, nella maniera argentina: chiusi dentro la sua auto percorriamo tutto il lungomare, passando davanti al suo posto di lavoro, guardando i posti dove la gente si riunisce e si diverte, valutando i locali, guardando senza scendere il monumento ai nativi che delimita la città, per poi finire in un bar biliardo a bere una birra con le noccioline, prima di andare a dormire, con Omar che occupa il divano mentre io mi sistemo per terra.
Il giorno seguente siamo buttati fuori casa alle 8 del mattino, come da accordi, e mentre rintronato ancora dal sonno mi metto le lenti a contatto seduto sullo zaino in mezzo al marciapiede, decidiamo di trovare il modo di visitare la vicina Peninsula del Valdés, un parco naturale all’interno del quale vi sono colonie di foche, di leoni marini e pinguini e nei mesi giusti é possibile avvistare balene ed orche.
Noleggiamo una macchina per 400Km e 24 ore e ci lanciamo alla scoperta di questi nuovi sterrati a bordo di una macchina molto simile ad una clio. Guardiamo da lontano i leoni marini che leoneggiano tra di loro ed assistiamo ad un parto di una foca, attorniata da gabbiani pronti a contendersi la placenta. Visitiamo infine una pinguinera abitata purtroppo dallo stesso tipo di pinguini di quelli visti già a Punta Arenas, ma qui più vicini e meglio in posa vicini ai cartelli che li descrivono
La ripartenza dalla città ci vede dover cedere a prendere un taxi fino alla stazione di servizio sulla Ruta 3. Da qui, dopo aver chiesto alle macchine in coda per far benzina ed avendo ricevuto risposte solo negative ci mettiamo sulla strada ad attendere.
Un pickup che ci aveva detto che sarebbe andato ad un campo poco più a nord si ferma e ci carica nella parte dietro, all’aperto. Inizia cosi il nostro viaggio in mezzo alla polvere, sdraiati assieme ad un vecchio motore per camion unto e terroso ed abbracciati agli zaini per 500Km, sonnecchiando e salutando gli automobilisti increduli di vedere due persone spuntare tra un rimorchio per cavalli e la cabina del pickup.
Scaricati a nord, a Rio Colorado, troviamo un passaggio fino alla stazione di servizio di Bahia Blanca, sul mezzo di un camionista super preciso che ci fa togliere le scarpe per stare seduti nella parte centrale e zona letto del camion, non sapendo che siamo polverosi fino ai denti dal passaggio precedente.
Non essendoci posti dove poter dormire ma essendo il clima ormai caldo rispetto al sud ci accampiamo, dopo aver cenato nel ristorante, di fianco ad una delle griglie per parrilla a disposizione e qui passiamo la notte all’aperto.
La stazione di servizio si presenta come un enorme piazzale, pullulante di camion di tutte le forme e di tutti i carichi, uno spettacolo mai visto prima di ferro e lamiere, al nostro arrivo saranno stati parcheggiati almeno altri 50 mezzi. Crolliamo addormentati e sporchi dopo l’epico viaggio della giornata, ma siamo fiduciosi di poter trovare un passaggio l’indomani per arrivare finalmente a Buenos Aires.
Il giorno inizia presto, poco dopo il sorgere del sole e dalle 8 del mattino inizio a girovagare per la stazione di servizio, chiedendo ad ogni singolo camionista se fosse diretto a nord, in direzione di Buenos Aires, mentre Omar al centro del piazzale prova a fermare mostrando il dito (il pollice) tutti quelli che sfuggono alle mie domande.
Ben presto scopriamo che questa stazione é utilizzata come punto di partenza per il sud da tutti gli autostoppisti locali, che arrivano a più ondate in taxi o bus per partire verso Ushuaia, ma noi come loro facciamo una fatica immensa a trovare un passaggio.
Secondo uno schema che capiamo quasi subito, assieme ad altri due ragazzi, ogni camionista va sempre nella direzione opposta a cui tu gli chiedi e se cambi la domanda rispondono o che si fermano a riposare o che vanno solo in città a scaricare o caricare.
Nelle nove ore di girovagare come uno zombie, sporco, assonnato e colpito dal sole in cerca di un passaggio sono stato appellato dai vari camionisti come loco, boludo, tio, hombre, chico, compañero ma mai caricato. Stessa sorte al novanta per cento di quelli diretti a Sud; una coppia é rimasta sotto il sole a bordo strada dalle 8 del mattino fino alle 6 di sera senza aver successo.
Decidiamo quindi di cedere e di andare in stazione a prendere un bus per percorrere questi ultimi 600Km, fallendo il tentativo di tornare totalmente in autostop, ma collezionando ben 2000 Km totali di viaggio a dito in 4 giorni.
Bahia Blanca, il principale centro petrolchimico argentino, ci lascia con un temporale torrenziale, di quelli estivi con tanto di grandine, dopo una giornata con oltre 40 gradi ed un sole battente sulla testa. Temporale che ritroviamo la mattina dopo a Buenos Aires, ma che ci concede uno spettacolare tramonto con nuvole cariche di pioggia tinte dal sole di rosso con fulmini a ripetizione in lontananza.