L’autobus notturno per La Paz é abbastanza confortevole e arriviamo di primo mattino con il sole ancora nascosto dalle montagne e dopo aver intravisto per l’ultima ora solo case, basse, in mattone, non finite ma dappertutto.
Dopo aver litigato con la proprietaria di un ostello perché dopo averci detto che aveva posto si é rimangiata la parola dopo soli 15 minuti, troviamo sistemazione in una stanza sopra ad un ristorante cinese. Ci concediamo dieci minuti di sonno che diventano subito due ore.
Muoversi per la città, costruita tra salite e discese con gli zainoni é molto faticoso ed ogni volta che si affronta una salita sembra di morire soffocati per la mancanza d’aria, oppure si termina la salita senza apparente fatica e qualche secondo dopo, come dal nulla, ci si sente affannati come usciti da un’apnea.
Per pranzo ci addentriamo nel mercato centrale, un labirinto di corridoi in leggera salita o discesa su cui di affacciano dei mini negozietti divisi per tipologia di merce venduta, dalla cartoleria all’intimo, dai succhi di frutta alla carne ed infine ai pranzi menu fisso per soli 9 bolivianos (circa un euro e trenta). Veniamo presi d’assalto come sempre in questi posti da ragazze e uomini che fanno i butta dentro: visto che tutti servono praticamente lo stesso menu il fatto di guadagnare si gioca sulla capacità di prendere quasi con la forza le persone e farle sedere ai propri tavoli. Un brodo di carne per iniziare e un secondo con riso, insalata e una carne a scelta tra pollo e mucca fatta in diversi modi, proviamo il revuelto, della carne trita con cipolle.
Il giorno seguente approfittiamo di un biglietto cumulativo per quattro musei, pranziamo in un mercato più periferico e quindi più economico di ben un boliviano, dove conosciamo un ragazzo che ci scambia inizialmente per argentini (ha sbagliato di un paio di generazioni) e che poi elenca solo il peggio dell’Italia..
Con la pancia piena dall’economico pranzo ci arrampichiamo per strade dove anche le macchine fanno fatica a salire, fino al mirador killi killi da cui si può apprezzare l’estensione e la conformazione della città: una vallata intera piena di case a perdita d’occhio, la sensazione é quella di essere nel centro di un presepe.
Dal secondo giorno decidiamo di cambiare ostello per poter aver possibilità di socializzare di più con altri viaggiatori e ci spostiamo, senza mezze misure, nel party hostel della città scopriamo ben presto cosa significa: gruppi di francesi in ogni angolo che fanno amicizia con argentini e si scambiano i consigli e i segreti di come vendere braccialetti e altre cose “artigianali” per guadagnare soldi per viaggiare; musica fino alle due del mattino e il secondo giorno discoteca proprio sotto la nostra camera dalle dieci di sera fino a boh (per fortuna io riesco a dormire ovunque e comunque, ma non é di certo stato riposante). Decisamente non il tipo di viaggiatori con cui ci troviamo a nostro agio, sia per età che per livello culturale.
La Paz é una città trafficatissima, ma non é il tipo di traffico a cui siamo abituati noi europei, non ci sono infatti macchine private ma mini furgoni collettivi, dove un autista suona costantemente il clacson e conduce il mezzo tra gli altri suoi simili e una donna al suo fianco urla la destinazione e incita la gente a salire, stipata all’inverosimile nel retro. Il parco auto é vecchio e molti di questi mezzi hanno probabile provenienza giapponese (dalle scritte in lingua e dal fatto che son per lo più Nissan), come mezzi usati e dismessi nei decenni precedenti. Lo smog é micidiale ed unito all’altitudine e alla pendenza rende alcuni pezzi di strada dei veri e propri inferni da attraversare.
PS: mi sono ricomprato gli occhiali da sole, non potevo farne a meno